Grafene nei vaccini anti-covid, la grande, ennesima bufala dei novax

Sono ormai due anni che la storia demenziale dei novax sulla presenza del grafene nei vaccini anti-covid (soprattutto quelli Pfizer e Moderna) imperversa sulla rete.

In realtà tutto inizia nel 2018, quando Mattia Bramini, ricercatore e docente all’università spagnola di Granada, durante la sua attività di ricerca si è occupato, insieme ai suoi collaboratori, di nanomateriali e in particolare delle applicazioni del grafene in campo biomedico.

Nel 2018 Mattia Bramini scrive una review (un articolo scientifico che cerca di fare il punto sui progressi e sfide ancora aperte in un determinato campo scientifico) dal titolo “Interfacing Graphene-Based Materials With Neural Cells”. 

La review si concentra sui possibili utilizzi del grafene nel campo delle neuroscienze, citando gli studi condotti fino a quel momento dove si discutono le potenzialità e soprattutto la biocompatibilità del materiale.

Tre anni dopo, nel 2021, la review genera un’anomala attenzione sui social; ad innescare la spirale di bufale è un sito di disinformazione spagnolo che utilizza lo studio per dimostrare un piano mondiale di controllo delle menti attraverso il grafene presente nei vaccini.

Come se non bastasse, a distanza di pochi giorni da queste farneticazioni, si aggiungono dichiarazioni di presunte analisi di una fiala di vaccino da parte di alcuni ricercatori dell’Università di Almeria. 

Queste dichiarazioni, assolutamente prive di ogni fondamento scientifico, costringono l’Università a rilasciare un comunicato ufficiale per prendere le distanze dai ricercatori, i quali, a distanza di alcune settimane, pubblicheranno una nota dove ammettono l’infondatezza delle loro conclusioni.

Per gli amanti del complotto questo è l’ennesimo esempio di ricercatori messi a tacere, ma la realtà delle cose è ben diversa: i ricercatori si erano semplicemente prendere dall’euforia per la loro ricerca e avevano semplicemente raggiunto conclusioni affrettate, le quali, nelle successive verifiche scientifiche (effettuate dagli stessi ricercatori), si erano dimostrate infondate.

Purtroppo però la macchina del complotto è ormai partita e alcuni ricercatori italiani mediocri, Stefano Montanari e Antonietta Gatti, pubblicano uno studio livello tesina delle medie a firma Young – Gatti – Montanari, dove giungono alla conclusione che nei vaccini ci sarebbe ogni genere di porcheria e soprattutto l’ossido di grafene.

In realtà, le tecniche utilizzate dal trio non sono sufficienti per l’identificazione di grafene o grafene ossido-ridotto. 

Per identificare il grafene si deve utilizzare la Raman Spectroscopy. 

Non si utilizzano immagini comparative di microscopia ottica e/o elettronica, perché utilizzando questi metodi è praticamente impossibile distinguere il grafene dalla comune polvere.

Infatti, i nostri ricercatori complottisti non dicono di aver trovato con certezza il grafene, ma dicono di aver trovato un composto che, per analogia morfologica, assomiglia al grafene, ossia tracce di volgare polvere.

Non finisce qui, per dimostrare al mondo che l’Italia è leader nelle pseudoscienze e che questa storia del grafene nei vaccini ci ha veramente intrigato, arriva a settembre 2021 un’interrogazione parlamentare da parte della deputata Sara Cunial, la quale esibisce nuovi studi (effettuati con procedure assolutamente prive di fondamento scientifico e mai verificati) che dicono che nei vaccini ci sono delle sostanze pericolose, tra cui il grafene.

Alla richiesta di esibire le prove di questi studi, vengono esibite delle foto della soluzione che si smentiscono da sole: alle concentrazioni che dicono di aver trovato la soluzione contenente grafene sarebbe scura, mentre le foto dimostrano una soluzione chiara.

Infine, non poteva mancare Loretta Bolgan, la quale pubblica su Youtube delle farneticanti conferenze nelle quali la Bolgan afferma che indubbiamente sia presente il grafene nei vaccini.

In sintesi, cosa dice in breve la teoria no-vax sul grafene nei vaccini?

Lo studio di Bramini e colleghi secondo diversi no-vax italiani (Loretta Bolgan, Stefano Montanari, Antonietta Gatti, Sara Cunial, ecc.) sarebbe una delle prove provanti che il grafene presente nei vaccini contro il coronavirus (SARS-CoV-2) possa raggiungere il cervello e interferire con la funzionalità dell’organo. 

Per alcuni, quelli con dottorato di ricerca conseguito su Telegram, il grafene non sarebbe nient’altro che “l’antenna” con la quale chi controlla il 5G potrà controllare anche le menti dei vaccinati.


A questo punto è giusto spiegare cosa sia il grafene.

Il grafene è un foglio di atomi di carbonio strettamente legati tra loro e disposti a formare una struttura esagonale a nido d’api, detto favo. 

Questa particolare disposizione degli atomi di carbonio (che sono tutti uguali tra loro) conferisce al materiale delle caratteristiche peculiari: il grafene è flessibile, leggero, trasparente, si tratta del materiale più resistente conosciuto. 

In aggiunta, il grafene è un materiale altamente conduttivo e quindi di interesse per una serie di applicazioni: dai dispositivi elettronici flessibili alla medicina e, appunto, le neuroscienze.


Concludendo, nei vaccini anti-covid non vi sono tracce di grafene (i complottisti dovranno farsene una ragione) in quanto il grafene per applicazioni biomediche presenta determinate caratteristiche di purezza e dimensione e sarebbe, se ci fosse, chiaramente evidenziabile.

Inoltre, dato l’altissimo costo, se il grafene fosse presente nei vaccini, ne determinerebbe un costo almeno cinque volte superiore a quello attuale.

Inoltre, il grafene non può raggiungere il cervello in quanto la barriera ematoencefalica lo protegge da avvelenamenti e intossicazioni.

Infine, per quanto giruarda la bufala grafene/5G, bisogna considerare che Il grafene è un materiale conduttivo e non è un materiale magnetico. 

Pertanto, non può interagire con le onde elettromagnetiche.

Ancora una volta bufale, bufale, bufale.

Meditate gente, meditate.


Riccardo Bonsi


Commenti

Post popolari in questo blog

I Leoni di Cheren, per non dimenticare la propria storia

Putin, Kirill e la dottrina del Russkij Mir per “rieducare” il mondo